La luna apparve più luminosa del solito facendo capolino tra le vette scure delle montagne che si intravidero dal finestrino della carrozza. Un lungo sospiro venne buttato fuori quasi in modo meccanico mentre gli occhi seguirono quella linea continua composta da punte e curve.
Quel paesaggio lo avrebbe ricordato per tutta la vita: un luogo tanto tetro e allo stesso tempo tanto affascinante da sembrare un quadro. La catena montuosa sembrava essere disegnata a matita da un bambino, e la luna stampata con un timbrino a tempera.
Si passò una mano sulla fronte, purtroppo quella sera ammirare il paesaggio non lo avrebbe rilassato. Si stava dirigendo verso una casa in particolare: villa Rosier ospitava una vasta cerchia di parenti che nessuno aveva mai visto passeggiare per le vie in compagnia di amici o parecipare attivamente a delle feste. Non aveva mai capito, e quella sera non fu diverso, come mai quella famiglia tendesse a vivere in un luogo tanto remoto e lontano dal resto del paese. Sapeva fossero delle persone molto schive, ma a quei livelli...
La carrozza sbandò due volte, quasi a volerlo destare dai propri pensieri ed una figura in lontananza attirò la sua attenzione.
In un attimo mille pensieri tornarono alla mente in un vortice confuso; tra quelli, qualcuno che tentò di rasicurarlo, pur sapendo che quell'uomo non chiamava mai a quell'ora per dare buone notizie.
Magnus Rosier, capo stirpe di quella bizzarra famiglia, parve attendere la carrozza, perché non appena la vide fece segno di fermarsi per salire.
All'uomo venne un brivido; l'aspetto del signore era elegante ma non troppo, la chioma brizzolata lasciava spazio a delle zone del viso stempiate e con le sopracciglia folte. Per non parlare del carattere: quella persona era capace di far tremare anche due giudici e un ministro insieme, talmente era influente. Quasi si divertiva alle spalle di tutti a marcare il territorio e a espanderlo. Aveva sempre avuto consensi da ogni fronte politico, economico, anche letterario; e mai una volta aveva fallito. I pochi che avevano osato mettersi contro di lui ... nessuno aveva mai scoperto che fine avessero fatto.
E quella sera sarebbe stato il suo turno, l'imprenditore se lo sentì dentro; come detto prima: ogni volta che Magnus chiamava in modo tanto privato, non era mai un buon segno, specie se succedeva a notte fonda dove le ombre erano in grado di cancellare ogni traccia.
Sentì il chiavistello della porticina scattare e questa aprirsi piano, mostrando un ghigno sinistro con denti poco raccomandabili: ingialliti per l'età; qualcuno storto e qualcuno mancante, ma in fondo alla bocca e impercettibile. Fu inevitabile, per il povero imprenditore, deglutire dalla tensione.
"Buona sera signor Hendermann" lo salutò cordialmente ridacchiando con la sua voce rauca e lenta, "Immagino non sia però una gran serata".
Il signor Hendermann mostrò un sorriso educato, quanto più tirato possibile, cercando di farlo sembrare autentico. Osservò, anzi fissò il vecchio Rosier sedersi di fronte a lui e posargli i suoi occhi vitrei, cechi e chiari come un lago fermo, che nonostante la loro condizione captarono perfettamente la posizione dell'imprenditore.
"Buona sera a lei, signor Rosier" rispose poco dopo, adottando un tono di voce basso che celasse ogni nota di paura.
Magnus Rosier allargò il sorriso inquietante risultando una smorfia famelica e del tutto priva di lucidità, come se stesse studiando una preda da addentare a tradimento alla prima occasione; di certo avere davanti una vittima del tutto inoffensiva a impreparata ad ogni possibile avvenimento doveva essergli risultato divertente, quasi ridicolo ai suoi occhi, tanto che parve decidere di giocare un po'.
Il signor Hendermann parve capire i suoi pensieri, ma del resto non era nemmeno necessario provare a leggerli, e si sistemò meglio adottando un atteggiamento disinteressato nel tentativo di dissuderlo dai suoi scopi.
"Le devo confessare, signor Hendermann" mormorò Magnus schiarendosi la gola, "Che normalmente sono più clemente con certe persone. Ma converrà con me che l'ultimo tiro non é stato affatto gradevole".
"Non capisco a cosa si riferisca, signor Rosier" replicò Hendermann irrigidendo la postura. Pessimo tentativo di mostrarsi sicuro, a detta di Magnus.
Il capo stirpe Rosier emise una risatina divertita, beandosi della difensiva del suo interlocutore assolutamente mediocre. Non avrebbe mai creduto potesse essere tanto semplice far vacillare un imprenditore di tale stima come lui. Era sempre stato tra i più temuti della concorrenza e nessuno era mai riuscito a schiodarlo dalle posizioni più convenienti, evidentemente erano sempre stati tutti sprovveduti dato che metterlo in difficoltà risultò molto semplice.
Non lo vedeva, ma poté quasi immaginare dettagliatamente i suoi movimenti: le dita torturavano le nocche e il contatto visivo veniva spesso e volentieri interrotto dagli scatti degli occhi che ora guardavano fuori, ora guardavano un punto vuoto della carrozza; come se ci fosse una terza presenza che potesse dargli man forte. Ma quella presenza, lo sapevano entrambi, non esisteva.
"Credo invece sappia molto bene a cosa mi riferisco" intervenne Magnus a un certo punto rompendo il breve silenzio, "É lampante e chiaro come la luna questa sera"
Estrasse un foglio di giornale tastando la giacca pesante per cercare la tasca, poi lo porse all'imprenditore che lo guardò con occhi rigidi e fissi. Si trattava della prim pagina della Gazzetta del Profeta, che mostrava a caratteri belli grandi il titolo: Il colpo basso dell'Impresa più prestigiosa della regione, John Hendermann scala la classifica tirando un pesante fendente a Magnus Rosier!Hendermann non avrebbe mai creduto che le voci potessero girare tanto velocemente da raggiungere in fretta le orecchie di Magnus, facendolo diventare il bersaglio principale.
Quello sarebbe dovuto restare un semplice trucco per assorbire più clientela possibile sfruttando la temporanea chiusura degli uffici di Rosier, danneggiando le influenze e ottenendo più consensi politici. Ma non avrebbe mai creduto che un gesto che non aveva lasciato nessuna traccia sarebbe comunque giunta dentro quella casa, e in poco tempo da poter decidere di vendicarsi. Doveva riconoscere che Magnus Rosier non era stupido come voleva far credere davanti ai ministeriali più illustri.
"Ahi, ahi, ahi..." canticchiò Magnus ridacchiando, quasi vedendo chiaro e tondo lo sguardo da colpevole del suo interlocutore, "Mi ha giocato un brutto tiro sa?"
Il signor Hendermann divenne pallido come un cencio, tanto che quasi poté assorbire la luminosità della luna e renderla propria. Quella risatina non fu affatto rassicurante, e tanto meno lo fu l'atmosfera che si respirò in quel momento. La linea delle montagne continuava indisturbata a percorrere il cielo scuro trapunto ormai di numerose e spente stelle, quasi sentissero anche loro la tensione e cercassero di non farsi vedere. Il paesaggio diveniva sempre più nero e privo di elementi familiari, sembrava che lo stesse portando in un luogo isolato per farla finita.
Lo sentiva. Lo avrebbe ucciso.
"Credo invece sappia molto bene a cosa mi riferisco" ripeté Magnus Rosier, ma con un tono più duro e senza ridere. Ora non ci trovava proprio nulla da ridere.
Fu quasi divertente vedere come il signor Hendermann non provò nemmeno a smentire il giornale, come poteva? Era un uomo finito. La sua mossa l'aveva fatta, ma gli era costato molto caro. E la sua famiglia? Come avrebbe reagito alla sua scomparsa? Francamente, la cosa non toccava minimamente Magnus, lui si era sempre preoccupato della propria, loro stavano bene e sarebbero stati bene.
La carrozza sbandò un'altra volta e un raggio lunare illuminò gli occhi vitrei di Rosier, mostrandoli sadici e famelici, pian piano colmi di rabbia e sete di vendetta. Osservò la poteva quasi individuando i punti deboli.Credo invece sappia molto bene a cosa mi riferisco. Eccome, John Hendermann sapeva perfettamente, quanto era vero il suo circolo ministeriale, a cosa Magnus si stesse riferendo.
"N-no...non s-so di cosa stia parlando ..." ribatté Hendermann poco convinto, lasciamo pian piano notare la sua paura.
"Mio caro signor Hendermann..." proseguì Rosier fermandolo e bianco il tentativo di sviare il discorso, "... per favore, non faccia il furbo con me. Io sarò anche cieco, ma non sono stupido e so riconoscere un colpo basso quando si presenta. Gliel'ho detto, di solito sono molto più clemente; mi piace giocare con le mie prede, voglio vedere dove possono arrivare prima di perdere la partita. Ma lei ha forzato troppo il tiro e questo non posso tollerarlo".
Lo stomaco dell'imprenditore si contorse dalla tensione, quel discorso non gli piacque per niente. Sperò in cuor suo di potersela cavare con qualche negoziazione facile e sbrigativa, che il signor Rosier ci ripensasse e gli desse una seconda chance, non avrebbe più cercato di danneggiarlo. Lo promise dentro di sé: sarebbe rimasto buono buono al suo posto e nessuno lo avrebbe più sentito fiatare.
Magnus però non parve d'accordo con quell'idea, ormai era troppo tardi. Avrebbe dovuto fermati quando poteva ma non l'aveva fatto, il dado era tratto.
La carrozza oltrepassò un cancello in rame ben tenuto, alto e dai ghirigori e spirali che richiamavano in qualche modo l'inferno; si potevano quasi scorgere volti indemoniati. Il lungo viale contornato da alberi ancora spogli con i loro rami secchi e intrecciati davano l'idea di essere forche e falci pronte ad affondare nella carne, con Arpie che avrebbero potuto appollaiarsi e afferrare gli occhi delle vittime. Le ruote della carrozza percorsero della ghiaia, poi delle mattonelle e poi uno sterrato, avvicinandosi a quella che pareva una stalla.
"Signore" disse improvvisamente il cocchiere arrestando la carrozza, che non aveva parlato fino a quel momento, "Siamo arrivati".
"Suvvia signor Rosier" esordì poi Hendermann, "Possiamo sempre risolverla cercando di trovare un compromesso. Le prometto che non riceverà più certi trattamenti!" sperò in un guizzo positivo negli occhi del capo stirpe, che però non avvenne.
"Gli affari sono sempre affari caro John Hendermann; a volte vanno bene e a volte vanno male" tagliò corto il capo stirpe senza guardarlo in faccia. Fece cenno di aprire le porte della stalla e prese con forza la giacca dell'imprenditore, che non riuscì a reagire da quanto era atterrito.
La stalla era chiaramente abbandonata, i box dei cavalli erano pieni di paglia vecchia e tutti dismessi; alcune ruote di carri e carrozze appoggiati alle pareti scrostate e sporche; al centro un pozzo quadrato con i bordi pieni di chiodi arruginiti, anch'essi sporchi. Il signor Hendermann sperò fosse solo ruggine. Ma lo sguardo ambiguo di Magnus non gli diede modo di confermare il pensiero. Dal pozzo uscì un odore nauseante di marcio.
"Dovete sapere che non amo i colpi bassi a tal punto da estinguere i problemi alla radice" mormorò grattandosi il mento ispido di barba bianca. Fece sporgere la sua vittima sul pozzo mostrando dei corpi: i corpi ormai dimenticati di tutti quelli che si erano messi contro di lui in passato e che lui aveva provveduto a togliere di mezzo impedendo che gli affari sarebbero passati a miglior vita. Lo guardò ridacchiando: "Sappi che non solo hanno mirato al mio lavoro: ma anche alla mia preziosa famiglia. E se lei avesse per caso portato problemi seri al mio Arthur? O al dolce Jacob? O peggio: al piccolo Mathias? Non lo avrei mai permesso".
"Mi da del tu adesso?!" chiese Hendermann cercando di cambiare discorso. Ma nulla servì a smuovere Magnus dal suo intento, che lo guardò con occhi per la prima volta vivi, a di vendetta e sete di morte.
"Sì. Poiché questo sarà il nostro ultimo incontro. Addio John Hendermann, spero che in un'altra vita ripenserai alle tue azioni passate" disse Magnus in tono solenne, per poi estrarre la bacchetta e lanciare una Maledizione sull'uomo lasciandolo cadere nel pozzo.
John Hendermann capitolò in fondo al pozzo e con occhi ormai sempre più sfocati si ritrovò a fissare quell'uomo spietato ridere maligno mentre l'oscurità lo avvolse in modo brutale. Magnus lo osservò per qualche istante, presto avrebbe smesso di respirare e di lamentarsi, aveva ancora una volta impedito che la sua preziosa famiglia potesse incappare in affari loschi.
Il cocchiere rimase fuori aspettando che il padrone uscisse, e una volta che la sua figura si palesò nell'oscurità, fece un inchino cordiale come saluto, per poi accompagnarlo alla villa dove il resto della parentela ormai lo stava aspettando per la cena.
"Fammi un favore domani" disse Magnus al servitore, ma senza girarsi, "Domani porta questa lettera. Sono le mie congratulazioni per la nascita di Evan".
"Come desiderate mio signore".
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